L’energia in un acino…il Natale in Casa Abrami
Si avvicina il Natale e ci piaceva l’idea di fare un regalo a chi festeggia un anno di piccoli grandi successi, dopo tanti anni di duro lavoro e serio, costante impegno. Di questi tempi dà energia vedere una donna, imprenditrice e manager d’industria, che decide di dare una svolta alla propria vita, scegliendo di cambiare rotta per salpare verso nuovi mari condividendo il timone con il figlio maggiore, Giuseppe.
L’avventura per Elisabetta Abrami comincia nel 2005 con un desiderio che diventa realtà, dall’automotive alla viticoltura con l’acquisizione di un piccolo podere, dove la cantina è poco più di un rudere. Si rimbocca le maniche, giorno per giorno, e i primi risultati non si lasciano attendere. Ma non basta. C’è bisogno di terra per crescere. Così a poco a poco trasforma altri terreni tra Provaglio, Paderno e Passirano, dal Lago d’Iseo a Brescia, fino a raggiungere i 15 ettari vitati, con una particolarità, solo 4 a Chardonnay e 11 a Pinot Nero.
Il legame con il territorio e la voglia di innovare spingono Elisabetta a un’altra scelta di campo: il biologico.
Elisabetta, quanta forza, quanta determinazione, anche controcorrente. Qual è stato il primo pensiero quando hai visto la cantina?
Per la verità la cantina non mi aveva entusiasmato all’inizio. Era poco più che rudere e pensavo a quanto lavoro serviva per rimetterla a posto. Invece mi aveva davvero stregato la famosa collina di pinot, I Redigoli, dalla cui cima si può ammirare il lago d’Iseo. È stata quella collina di vigna molto bassa e tutta terrazzata, circondata in basso dal bosco, di pertinenza, a renderla così speciale ai miei occhi. Avere lì davanti il lago da un lato, dall’’altro una collina verdeggiante, senza alcuna costruzione fatta eccezione per un piccolo monastero bianco…non aveva prezzo!
Dall’industria alla terra, dunque, grazie al miracolo di una vigna. Cosa è stato decisivo per farti scegliere
Vengo da 25 anni di industria, producevamo cerchi in lega leggera di allumino e l’dea di avere a portata di mano, cosi vicino a me, un angolo di “paradiso” è stato un colpo di fulmine, mi ha convinto a trasformare la mia passione per il pinot nella scelta imprenditoriale dell’azienda vinicola. La cantina in sé mi è “piaciuta” perché rappresentava l’essenziale e quindi mi ha permesso di fantasticare e di realizzare quello ciò che avevo in mente, senza limiti, senza dover necessariamente accogliere ciò che altri avevano concepito o sognato prima di me. Ammetto che l’impegno è stato fin da subito oltre l’immaginabile. Ero completamente nuova a questa esperienza e a questa attività, ho dovuto fare un grande sforzo, non solo d’immaginazione.
Il vostro Blanc de Noir Extra Brut è entrato nei Grandi Esordi della Guida Oro dei Vini di Veronelli 2015. Un’emozione. Cosa vi ha portato a questo risultato?
La passione per il pinot e quella collina… Sempre lì torniamo e sempre lì tutta ha inizio. Quelle viti di Pinot Nero, i cui cloni sono davvero speciali, quegli acini piccolissimi e compattissimi che hanno messo in crisi tanti viticoltori per la difficoltà ad allevarli, ecco quelli così profumati e di un’intensità unica sono stati determinanti. Volevo fortemente far uscire da quei piccoli acini un Franciacorta unico, particolare, che mai nessun altro vignaiolo era riuscito a produrre. L’equilibrio che abbiamo raggiunto nel nostro Rosè e la forza del Blanc de Noir…alla fine, dopo tanto lavoro, hanno confermato ogni scelta, anche quella più azzardata: un Pinot Nero biologico.
Un abbinamento che consiglieresti. Devo confessare che sono così innamorata dei miei vini che trovo ogni abbinamento puramente empirico, come dire…de gustibus. Il Franciacorta si accompagna bene a piatti di pesce, crostacei, ma anche con la pizza piace ai nostri giovani. Penso piuttosto che occorra fare un po’ di cultura intorno a un vino che ha raggiunto un tale livello di qualità da essere davvero ideale per tutto il pasto. Per il mercato cinese – abbiamo spedito il nostro primo bancale ai primi di dicembre – abbiamo dato vita a un DemiSec più amabile, per il nostro gusto, più adatto ad accompagnare il brindisi delle feste con i dolci tipici. Il Rosè, elegante con un perlage fine e persistente, è ottimo con tutte le carni bianche e rosse. Penso a un bel cappone ripieno con stracotto saporito cucinato secondo la tradizione contadina. Perfetto. Fa casa, fa calore.
Hai parlato di famiglia. Dietro Elisabetta Abrami c’è la tua famiglia – le tre V della Riserva – e c’è Giuseppe, tuo figlio maggiore, che ti aiuta nella gestione della cantina. È questo il segreto che vi rende unici?
Certamente la cura che noi mettiamo nel percorso del vino dal chicco alla degustazione, ben si associa alla cura di una madre per i propri figli. Dalla collina alla bottiglia un filo sottile ma indistruttibile lega tutto il processo produttivo: la raccolta a mano, la pressatura immediata, le piccole botti in acciaio per non mescolare frazioni di mosto, l’attenzione all’evoluzione del vino fino agli assemblaggi, le cuvée, tutto per arrivare alle nostre nove tipologie di Franciacorta. Per la nostra piccola cantina, che produce tra le 45.000 e le 50.000 bottiglie, un vero impegno. Basti pensare a tutte le personalizzazioni richieste per ogni tipologia. Noi facciamo ogni operazione coccolando i nostri vini e utilizzando le giuste apparecchiature sotto la supervisione dell’enologo e del cantiniere per estrarre il meglio dalla nostra terra.
E alla famiglia riconduce anche il senso delle prossime feste, soprattutto del Natale come valore, come tradizione. Come trascorrete il vostro Natale?
Il mio Natale sin da quando ero piccina è stato un Natale tradizionalissimo. La nostra era una famiglia numerosa: sei fratelli a coprire quasi quattro generazioni con vent’anni di differenza tra il primo e l’ultimo fratello. Il Natale era e resta occasione di ritrovo, un incontro tra generazioni. Io concepisco il NATALE in famiglia come un momento in cui ciascuno porta la propria “vendemmia” e pensa a quella successiva. Personalmente cerco di esserci fisicamente e psicologicamente, senza distrazioni. Il lavoro non mi permette di esserci sempre durante l’anno e dunque il primo dono che posso fare ai miei cari è ESSERCI. Poi cerco di raccogliere ciò che mi viene offerto e dare ciò che ho da offrire: questo è Natale in famiglia.
Il mio lavoro esprime un po’ indirettamente tutto questo e la campagna aiuta a riflettere: dopo la vendemmia si tira sempre un lungo lungo respiro, ma sei già subito in affanno perché devi pensare a come selezionerai le tue cuvée e a come comporrai le prossime annate, pensando a come poter fare sempre meglio.
Ecco è questo l’augurio che vorrei fare a tutti, perché di questo abbiamo bisogno: di fiducia nel saper fare e fare sempre meglio. Abbiamo bisogno di riconoscere che c’è ancora qualcosa di buono da fare, nonostante tutto, per noi, per i nostri figli, per la nostra Italia che si appresta ad accogliere i milioni di visitatori per Expo 2015.
Buon Natale, di cuore a tutti!