Il buon pane di Bergamo anche a Brescia, Lecco e Monza

Il pane bergamasco piace e varca i confini della sua provincia. Oltre agli ottanta panifici che dallo scorso settembre usano solo la farina locale adesso se ne sono aggiunti altri un’altra quindicina delle zone di Brescia, Lecco e Monza Brianza che faranno altrettanto e che portano a 36 il numero dei Comuni coinvolti nel progetto.

150 TONNELLATE DI CO2 IN MENO – Un successo per l’iniziativa dell’Aspan, l’associazione panificatori bergamaschi che tre anni fa ha lanciato l’iniziativa “Bergamo, la mia terra, il suo pane” con l’obiettivo di coniugare maggiore rispetto per l’ambiente, incrementare i posti di lavoro e utilizzare ingredienti prodotti a chilometro zero. E i risultati sono arrivati : 150 tonnellate di CO2 risparmiate dovute soprattutto al minor trasporto del grano, 15 addetti in più e altrettanti panificatori che ora utilizzano farina locale.

Dai primi undici ettari di campo del 2011 dedicati alla panificazione si è poi passati ai 330 dello scorso anno e ai 600 del 2013. Quest’anno è prevista la raccolta di 27.000 quintali di grano, cioè 23.000 quintali di pane. Gli agricoltori si sono impegnati a rispettare un disciplinare preciso che prevede, tra l’altro, premi fino a 20 euro a tonnellata  se i parametri qualitativi saranno superiori a quelli stabiliti.   Il progetto, finanziato nel 2013 con 800.000 euro dalla Banca  Popolare di Bergamo, ha il patrocinio della Camera di Commercio e della Provincia.

L’iniziativa ha anche un valore sociale: per ogni chilo di farina bergamasca acquistata, un centesimo verrà devoluto al Cesvi(Cooperazione e Sviluppo) , l’Organizzazione umanitaria nata a Bergamo nel 1985, che vuole portare aratri e sementi in Uganda per aiutare lo sviluppo del Paese.

IL PANE DI BERGAMO, LA GARIBALDA – “Dol Pa’ no s’se stofa mai” (del pane non ci si stanca mai) recita un proverbio orobico. Condivisibile. Il pane è una passione. Al punto che la città di Donizetti, del Tasso e dell’eroe dei due mondi ha voluto creare un “suo” pane e lo ha chiamato la Garibalda.

Garibalda è stato scelto da Guido Venturini, direttore di Confindustria Bergamo, che ha voluto evocare la figura di Garibaldi, uomo che la storia ci racconta essere stato molto importante per la terra bergamasca tanto da farle meritare la denominazione di “Città dei Mille”; la connotazione al femminile per essere un omaggio alle donne che hanno sostenuto le battaglie per l’Unità d’Italia.

DALLA VAL SERIANA AL SENTIERONE – La Garibalda è stata inventata da Giacomo Zucca nel suo panificio di Casnigo, un paese in Val Seriana, che appartiene alla sua famiglia dal 1880 e di cui lui rappresenta la quarta generazione.

La sua passione per il pane, unita alla tenacia l’ha portato, grazie al prezioso aiuto di Mary e Claudia, a vincere nel 2009 il concorso “Un pane per Bergamo” indetto dalla Camera di Commercio di Bergamo e dall’ASPAN (Associazione Panificatori della Provincia di Bergamo) allo scopo di valorizzare l’arte panaria locale. Un’arte che Giacomo conosce bene e che ha messo a frutto in questa ricetta che è profondamente legata al passato, alla tradizione bergamasca, creando un pane che risulta quindi essere un ponte tra il passato ed il presente. Legame testimoniato innanzitutto dagli ingredienti utilizzati: la semola rimacinata di grano duro, farina integrale, farina gialla di tipo “fumetto” (farina di granoturco con granulometria inferiore ai 350 μm) e la farina di grano saraceno integrale.

Un post di Sabrina Gualdi su gastronomiamediterranea.com ci aiuta a saperne di più.

 “La farina gialla di mais e farina di grano saraceno a Bergamo vengono utilizzate per fare la polenta, nella versione gialla classica ed in quella Taragna “pasticciata” con formaggio e burro, apprezzatissima nei mesi freddi. Ossia quell’alimento che a Bergamo è un’istituzione e che è stato l’elemento fondamentale della dieta quotidiana delle popolazioni rurali bergamasche sin dalla diffusione, nelle terre della Serenissima e di tutta l’Italia settentrionale, del grano proveniente dal nuovo Mondo. Ed è incredibile come nella Garibalda queste farine, insieme al sale, al lievito ed all’olio extravergine d’oliva si amalghimino per dare origine ad un sapore ed un aspetto rustico, fragrante, che ricorda alimenti da sempre mangiati, pur essendo un qualcosa di “nuovo”! E’ una cosa curiosa, una sensazione particolare perché l’amore per le cose ben fatte, sane e gustose allo stesso tempo sono assolutamente avvertibili mangiando questo pane”.

COSI’ NASCE LA GARIBALDA – La lievitazione è come quella di una volta, lunga e paziente, visto che si parte da una biga di 16 ore di acqua, farina “00” e lievito di birra. Una parte di questo impasto viene poi miscelata con le 4 farine, acqua, poco sale, malto e zucchero, olio extravergine di oliva e pasta di riporto. L’impasto ottenuto viene fatto ora riposare per 15/20 minuti e viene poi diviso in pezzi del peso desiderato. La forma, data rigorosamente a mano, è quella di uno “sciopetì” cioè di un fusetto per il panino piccolo e di un filone rustico per la pagnotta. Le forme vengono lasciate a lievitare ancora per 1 ora circa e poi infornate con immissione di vapore a 230° dai 25 ai 50 minuti a seconda della dimensione. Tempi di lievitazione lunghi ed un ridotto contenuto di lievito rendono questo pane leggero ed in grado di conservarsi fino a ben 3 giorni, mantenendo una mollica morbida ed una superficie croccante.

Dall’inizio del 2010 la Garibalda viene prodotta in molti panifici della Bergamasca seguendo la ricetta originale del Panificio Zucca.

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